Progetto Giovani

I giovani possono partecipare attivamente all'interno dell'Associazione e ciò può avvenire in vari modi.
E' possibile svolgere il Servizio Civile Nazionale (SNC/AVS), la stessa opportunità è data anche a tutti i ragazzi dell'Unione Europea per mezzo del Servizio Civile Europeo (SVE).
Altrimenti anche come semplici volontari, oppure partecipare al Progetto Calamita.

SERVIZIO CIVILE NAZIONALE ED EUROPEO

Destinatari del progetto: Il presente progetto è rivolto
principalmente ad un sottocampione di persone disabili adulte, composto dai  27 soggetti che frequentano il nostro centro diurno, ma nel contempo anche alla comunità giovanile del territorio con cui il nostro centro, e con esso i nostri ospiti, è in contatto.
Beneficiari:
i beneficiari diretti sono i destinatari del progetto, i beneficiari indiretti sono le famiglie
dei disabili e il territorio in cui giovani e disabili adulti vivono.

I volontari in servizio civile saranno coinvolti nel loro servizio per 30 ore settimanali.
E' prevista una vita comunitaria, in quanto garantendo vitto e alloggio ai giovani in servizio civile, di fatto, viene chiesto anche di fare un’esperienza di vita comunitaria tra di loro e con i giovani dello SVE (Servizio Volontario Europeo).  A nostro avviso la vita comunitaria si caratterizza come valore aggiunto al servizio civile, in quanto permette di condividere con gli altri giovani la quotidianità dell’esperienza.
Per facilitare la convivenza è proposto un regolamento di comunità e una suddivisione dei ruoli per l’autogestione dell’alloggio e delle biciclette che verranno messe  loro a disposizione.
Campi estivi: si ritiene importante che il giovane in servizio civile possa partecipare ad almeno uno dei due soggiorni estivi in montagna (della durata di una settimana ciascuno) che la nostra associazione organizza nei primi quindici giorni di Agosto.
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PROGETTO CALAMITA
Il progetto nasce dal riscontro di un problema che abbiamo rilevato: che nel lungo periodo, si venga a perdere la cultura della solidarietà diretta, cioè quella che chiede di impegnarsi in prima persona, mettendo in gioco sé stessi. Questa è a nostro avviso una grande perdita sociale, perchè rischia di rendere sempre più difficoltoso il processo di integrazione. I soggetti più esposti a questa problematica sono quelli delle nuove generazioni. Per questo motivo il presente progetto si rivolge ai giovani normodotati  con un’età compresa tra i 16 e i 25 anni. È a loro che deve essere rivolta l’attenzione in termini di emergenza educativa. Va infine sottolineato che educare alla cultura della prossimità significa principalmente stimolare lo sviluppo di competenze e abilità (skills) utili per la gestione dell’emotività e delle relazioni sociali, di cui i giovani delle nuove generazioni sembrano carenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di “Skills for Life” indicando quelle competenze e abilità fondamentali per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana.
L’obiettivo generale (finalità) consiste, pertanto, nel promuovere, nei giovani, abilità psicosociali e affettive (skills for life) con l’idea che queste siano la base della costruzione di una società capace di aderire a processi d’integrazione.
Per far sì che il giovane attraverso l’esperienza di volontariato con le persone disabili si accosti ad almeno qualcuna di queste skills riteniamo importante:
1. che sia chiamato a fare un’esperienza diretta e personale di volontariato con le persone disabili (cioè si metta in gioco in prima persona). 
2. che sia accompagnato in un percorso di rielaborazione della sua esperienza, cioè che il servizio non sia ridotto solo ad un fare, ma nell’ottica dell’incontro sia anche un’occasione per riflettere su di sé.

A sua volta il punto uno necessita dell’individuazioni di proposte specifiche per far sì che il giovane si avvicini spontaneamente alla realtà del disabile (esperienza solitamente molto lontana da quella del giovane). È necessario, cioè, creare molteplici e differenti “porte d’accesso” all’esperienza per ampliare la possibilità di intercettare i giovani.
Il punto due, invece, necessita della costruzione di un accordo (contratto) tra il toutor che si occupa della rielaborazione dell’esperienza e il giovane, al fine di definire il setting e sollecitare nel giovane stesso l’assunzione di responsabilità rispetto al suo percorso educativo. Il giovane deve essere pertanto consapevole di essere esso stesso inserito in un percorso formativo.
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